Terzo e ultimo appuntamento con la nostra analisi approfondita sul Draft NBA 2025. Dopo aver passato in rassegna le scelte delle prime 20 franchigie, oggi è il turno delle ultime 10.
Come sempre, i voti tengono conto non solo del talento puro dei giocatori scelti, ma anche del fit con il roster, dell’impatto immediato e del potenziale di crescita futura. Chi ha pescato bene e chi invece rischia di essersi complicato la vita?
Come accaduto con Beringer ai Timberwolves, anche nel caso di Sorber la visione dei Thunder è chiara. Centro solido, ha brillato a Georgetown per efficienza difensiva e capacità di passaggio (più assist che palle perse, dato raro per un lungo). Un profilo da “Hartenstein del futuro”, soprattutto considerando che l’attuale lungo potrebbe diventare troppo costoso nel giro di pochi anni.
OKC ha inoltre ceduto la 24ª scelta a Sacramento in cambio di una prima scelta futura, mossa coerente con la timeline dei campioni in carica. Barnhizer, invece, ha bisogno di tempo: stagione inefficiente al tiro a Northwestern, ma segnali incoraggianti sul piano difensivo.
Figlio dell’ex NBA Jason Richardson, Jase è approdato in una delle squadre in cui ha giocato suo padre. Curiosità a parte, si tratta di una scelta interessante per i Magic: da potenziale lottery pick, è scivolato per via dell’altezza (poco più di 1.83 m senza scarpe). Un’esagerazione, considerando quanto fosse produttivo a Michigan State.
Non sarà chiamato a contribuire da subito, grazie all’arrivo di Desmond Bane. Il vero azzardo è Penda, per il quale Orlando ha speso la 46ª e 57ª scelta, oltre a due seconde future. Un lungo atletico che però deve lavorare moltissimo sul tiro.
Pur preferendo leggermente Knueppel come profilo, Edgecombe è una scelta logica: atletismo esplosivo e potenziale difensivo enorme. Il fit con Embiid è meno immediato, anche perché l’integrità fisica del centro camerunese resta un’incognita.
Broome, invece, potrebbe dare subito una mano. Primo quintetto All-American, ha più tecnica dei vari Drummond o Bona, suoi potenziali rivali per i minuti da backup.
I Suns avevano un disperato bisogno di rinforzare il reparto lunghi. Maluach era il miglior prospetto disponibile e, nonostante le possibilità di trade, Phoenix ha deciso di tenersi la scelta. In parallelo è arrivato anche Mark Williams in uno scambio separato. Doppio rinforzo nel pitturato.
Fleming è una presa intelligente: lungo mobile, stoppatore, dotato anche di un buon jumper. Per Brea il discorso è diverso: ennesima guardia tiratrice in un roster che abbonda già nel ruolo. Ottimo tiratore (probabilmente il migliore della classe), potrà tornare utile soprattutto in caso di partenza di Grayson Allen.
Yang Hansen (16ª scelta, 1° giro)
Hansen ha upside da potenziale All-Star, ma Portland lo ha scelto molto più in alto di quanto fosse previsto. Una chiamata che sa di scommessa sul proprio fiuto più che su dati oggettivi. Va detto che i Blazers si sono assicurati un’altra prima scelta scendendo nel Draft, ma la gestione dell’intera operazione lascia perplessità. Un approccio più simile a quello degli Hawks sarebbe stato preferibile.
Per completare la trade di Kevin Huerter, Sacramento ha dovuto cedere la 13ª scelta originaria e ha sfruttato le pick ottenute dalla cessione di De’Aaron Fox per rifarsi. Clifford non ci convince pienamente: 5 anni al college e solo nell’ultimo è diventato rilevante. Difficile dire se sia davvero migliorato o se abbia solo sfruttato l’esperienza.
Anche Raynaud lascia qualche dubbio: lungo di buon tocco ma incapace di proteggere il ferro. Il suo profilo ricorda quello di Quenten Post, che però ci ha smentiti.
Se Flagg è stato il numero 1 annunciato, Harper lo è stato per la seconda posizione. San Antonio non ha dovuto pensarci troppo. Più interessante la scelta di Bryant alla 14, atteso da molti prima. Perfetto profilo da “3 & D”, potrebbe completare alla perfezione il talento creativo di Fox, Harper e Wembanyama.
Murray-Boyles divide gli addetti ai lavori. Noi lo riteniamo un profilo interessante, ma Toronto potrebbe non essere il contesto migliore: per farlo rendere da 4, serve spazio e tiro intorno a lui, e Poeltl non offre nulla in questo senso.
Martin è undersized ma ha prodotto tanto al college. Se il rookie 2024 Mogbo migliora le sue percentuali da tre (24%), potrebbero formare una coppia intrigante sul piano difensivo.
Bailey ricorda Jaylen Brown per talento grezzo e tendenza a forzare le scelte al tiro. La coincidenza? A sceglierlo è stato Danny Ainge, lo stesso che portò Brown a Boston. Una scelta giusta per Utah, che dovrà però gestire con cura la sua crescita.
Clayton è un tiratore affidabile che potrà aprire il campo per Bailey. Con Clarkson e Sexton in uscita, lo spazio per i giovani non mancherà. Tonje, invece, è stato il giocatore più “anziano” del Draft: 24 anni e 6 stagioni al college, ma ottimi numeri ai liberi (91%) e da tre (38%).
Washington continua a puntare su giovani: dopo i 4 rookie dello scorso anno, ne aggiunge altri tre. Johnson ha potenziale da scorer ma difetta di istinti difensivi e tira male da due. Riley ha bisogno di lavorare sulle metriche difensive.
Watkins, al contrario, è un buon difensore ma il 32,5% da tre è un limite. Inoltre ha quasi 24 anni: il margine di miglioramento potrebbe essere ridotto.