Dopo l’eliminazione al primo turno contro i più esperti Golden State Warriors, era chiaro che la dirigenza dovesse intervenire sul roster per colmare le lacune mostrate nei playoff.
L’estate degli Houston Rockets è stata un vero e proprio ottovolante. Se in regular season la squadra segnava con relativa facilità, nella post-season la musica è cambiata, con un attacco incapace di superare quota 100 punti in più di un’occasione.
Per questo motivo è arrivato Kevin Durant, chiamato a dare talento offensivo ed esperienza da campione. L’ex MVP, nonostante i suoi 37 anni, resta uno dei migliori realizzatori NBA e sulla carta rappresentava il tassello perfetto per alzare le ambizioni.
Ma lo scambio che lo ha portato a Houston ha incluso le partenze di Jalen Green e Dillon Brooks, lasciando scoperti i ruoli di guardia e ala piccola. A peggiorare la situazione è arrivato il colpo più duro: l’infortunio al crociato di Fred VanVleet, che salterà tutta la stagione.
Coach Ime Udoka deve decidere come ricomporre un quintetto che, accanto a Durant e Alperen Sengun, ha ora tre buchi. La soluzione più immediata è spostare Amen Thompson in cabina di regia: già utilizzato come secondario ballhandler lo scorso anno, dovrà ora assumersi responsabilità da playmaker titolare, pur non essendo ancora pronto al 100% per quel ruolo.
Le alternative, Aaron Holiday e Reed Sheppard, non convincono: il primo è un onesto backup, il secondo eccellente tiratore ma con limiti evidenti in costruzione del gioco.
L’assenza di VanVleet complica enormemente gli equilibri. Inserire Thompson da play significa affiancargli almeno un tiratore affidabile, probabilmente Jabari Smith Jr., per evitare che l’attacco collassi sotto il peso di troppi non-shooter (Sengun e Thompson insieme sono già una sfida in ottica spacing).
Con Sheppard a completare il backcourt, gli equilibri diventano fragili: più pericolosità perimetrale, ma difesa e gestione del ritmo restano punti interrogativi.
Durant avrebbe dovuto rappresentare il salto di qualità verso la lotta al titolo, ma senza VanVleet i Rockets rischiano addirittura di peggiorare rispetto alla scorsa stagione. Il veterano ex Toronto era il collante perfetto: playmaker affidabile, difensore duro, tiratore solido e capace di incidere anche senza palla. Un profilo difficilmente sostituibile, soprattutto in assenza di margini per muoversi sul mercato a causa dei vincoli salariali.
Houston rischia così di doversi accontentare di una regular season a ritmo alto, per mascherare i limiti offensivi, ma con il rischio di logorare Durant e di non avere certezze quando il gioco rallenta ai playoff. Nel competitivo Ovest, ogni errore può costare carissimo: dietro a Thunder, Nuggets, Clippers, Lakers e Timberwolves, anche Warriors e Spurs con Wembanyama puntano a un posto diretto ai playoff. Per i Rockets, invece, lo spettro del play-in torna a farsi minaccioso.
Quella che doveva essere la stagione della consacrazione rischia di trasformarsi in una corsa in salita già prima della palla a due di ottobre.