Con la fine di luglio si chiude di fatto la fase più calda della offseason NBA. La maggior parte delle trattative è stata completata e, se c’è chi costruisce, c’è anche chi smonta: tra scelte discutibili, occasioni sprecate e mancanza di visione a lungo termine, ci sono franchigie che sembrano uscite decisamente peggiorate da questa estate.
Con i free agent più ambiti che hanno trovato casa, le franchigie stanno cominciando a pianificare la stagione 2025/26. In un precedente articolo abbiamo analizzato le 5 squadre che si sono mosse meglio sul mercato, rinforzandosi in modo significativo.
Adesso andiamo alla scoperta delle cinque squadre che, a nostro parere, hanno avuto l’offseason peggiore di tutta la NBA.
La trade con Atlanta nella notte del Draft è probabilmente la più sbilanciata dell’intera offseason. I Pelicans hanno sacrificato una futura prima scelta per salire di dieci posizioni e selezionare Derik Queen. Un rischio che potrebbe avere senso solo nel lunghissimo periodo, ma che oggi sembra eccessivo, soprattutto se valutato alla luce delle altre mosse della dirigenza.
Nonostante un backcourt già saturo, New Orleans ha aggiunto Jordan Poole, noto per le sue basse percentuali al tiro e la quasi totale assenza di difesa. Il piano? Affidargli le chiavi della squadra come creatore di gioco e point guard titolare. Insomma, un vero e proprio azzardo.
Solo due squadre nella Western Conference hanno oggi meno chance dei Pelicans di arrivare in fondo, e adesso hanno anche perso la possibilità di ricostruire tramite il Draft 2026, non detenendo più la propria scelta.
Indiana ha deciso di non voler rinnovare Myles Turner a lungo termine. Una scelta che, nel futuro, potrebbe anche rivelarsi corretta, ma che nel breve periodo ha chiuso bruscamente la loro finestra per il titolo, appena un mese dopo aver raggiunto le Finals.
L’infortunio al tendine d’Achille che terrà Tyrese Haliburton fuori per tutta la stagione ha sicuramente influenzato le strategie, ma Turner era perfetto per lo stile di gioco dei Pacers: permetteva di giocare con il quintetto “5-out” e garantiva grande protezione del ferro, fondamentale per una squadra che correva al ritmo imposto da Haliburton.
I suoi sostituti — tra cui Huff, Jackson e Wiseman — non sono allo stesso livello. Jay Huff ha caratteristiche simili a Turner, ma non è chiaro se riuscirà davvero a sostituirlo in modo efficace. Rick Carlisle resta uno degli allenatori più preparati della lega, ma dovrà lavorare con un roster orfano delle sue due stelle principali.
Dopo due anni di ritorno alla ribalta, culminati con altrettante apparizioni ai playoff, i Kings sembrano essere ricaduti nei soliti problemi che li hanno afflitti per oltre vent’anni. La trade di De’Aaron Fox a febbraio aveva una logica, ma il resto dell’offseason è stato a dir poco incoerente.
Il contratto triennale da 45 milioni a Dennis Schroder pesa e non poco, soprattutto per un giocatore che fa dell’esplosività la sua arma principale — e che quindi rischia un rapido declino. Per non sforare la luxury tax, Sacramento ha dovuto rinunciare a Jonas Valanciunas, spedito a Denver in cambio di Dario Saric, reduce da un’annata quasi anonima.
In alternativa, sarebbe stato molto più sensato lasciar partire Valanciunas senza nulla in cambio o puntare su un profilo giovane ed economico, invece di aggiungere altri contratti al monte salari già pesante.
Il colpo grosso dei Raptors è stato lo scambio con i Pelicans per Brandon Ingram, concluso con una costosa estensione da 120 milioni in tre anni. Vista la mancanza di spazio salariale nella maggior parte delle altre squadre, Ingram ha accettato volentieri l’offerta dell’unica franchigia canadese della lega.
Toronto ha poi ceduto Boucher e Mamukelashvili per ottenere Collin Murray-Boyles, nona scelta assoluta dell’ultimo Draft. Eppure il roster, sulla carta, non sembra abbastanza competitivo per garantirsi un posto ai playoff — nemmeno in una Eastern Conference che si preannuncia più debole del solito.
Il problema è che la dirigenza ha pochissima flessibilità finanziaria per rafforzare ulteriormente la squadra. L’estensione firmata da Jakob Poeltl ha aggravato la situazione, lasciando i Raptors incastrati in un limbo poco promettente.
Qualche mossa positiva c’è stata: il rinnovo di Tre Jones per 24 milioni in tre anni (con team option sull’ultimo anno) è un’operazione intelligente, e anche l’arrivo di Isaac Okoro, via trade da Cleveland per Lonzo Ball, potrebbe rivelarsi utile. Ma nel complesso i Bulls non possono permettersi di “navigare a vista” come se fossero gli Oklahoma City Thunder.
Dopo tre eliminazioni consecutive al play-in, serviva una scossa, non solo mosse conservative. Essengue, la 12ª scelta al Draft, è un prospetto intrigante ma acerbo. Avrebbero fatto meglio a chiudere lo scambio con i Pelicans — poi finalizzato dagli Hawks — che gli avrebbe permesso di aggiungere un asset prezioso per il futuro.